La Donna Serial Killer
 

Immaginare una donna Serial Killer non e’ cosa semplice poiche’, sia nell’immaginario collettivo che in quello individuale, le fantasie che si costruiscono intorno alla femminilita’, in genere, scaturiscono da desideri di contatto con immagini di donna positiva e contenitiva.
Sono queste le immagini di Venere e di Cibele: divinita’ che hanno sempre
rappresentato, sia nella cultura classica che al giorno d’oggi, l’archetipo positivo della figura femminile.
Ma cosa si nasconde all’opposto?
Cosa si cela dietro il polo positivo materno, dietro la magica autorita’ del femminile, dietro la saggezza e l’elevatezza spirituale che trascende i limiti dell’intelletto, dietro la benevolenza, dietro la tolleranza, dietro il contenimento, dietro la protezione, dietro la fecondita’ ed il nutrimento?
Si nasconde un polo negativo che evoca l’immagine della madre cattiva “tutto cio’ che e’ segreto, occulto, tenebroso; l’abisso, il mondo dei morti; cio’ che divora, seduce, intossica; cio’ che genera angoscia, l’ineluttabile”.
(C.G. Jung, Opere 9, pag. 83)

I greci antichi avevano nominato Lamie (da lamos = gola, fauci) alcuni mostri di orribile aspetto, orchesse o streghe, le quali vivevano nei boschi o nei dirupi e nei crepacci. Spiriti persecutori, affini agli incubi che soffocano le loro vittime nel sonno, cavalcandole sul petto.
Tali mostri uscivano la notte dai loro nascondigli per succhiare il sangue e divorare il cuore di coloro che incontravano o sorprendevano nel sonno, specialmente dei bambini.
Un mito pervenutoci da Diodoro che risaliva a Duride di Samo, narra di una fanciulla libica, Lamia, la quale amata da Zeus fu da lui resa madre piu’ volte.
La fanciulla impazzi’ per vendetta di Era gelosa, la quale rapiva ed uccideva i figli di Lamia appena partoriti. Da quel momento in poi, Lamia, invidiosa nei confronti delle altre madri, piu’ fortunate di lei, ando’ errando nel mondo per uccidere i loro bambini e tutti coloro che cercavano di ostacolarla.
Resa insonne da Era, Zeus aveva concesso alla fanciulla di tenersi o togliersi gli occhi e di assumere qualsiasi sembianza.
Perso il suo carattere personale, la Lamia diviene sempre piu’ orrida e selvatica; a volte assume tratti androgini, capacita’ di metamorfosi, risvolti scurrili e, sempre, una insaziabile sete di sangue.
Nel Bestiario moralizzato di Gubbio la Lamia possiede latte velenoso, con il quale uccide i propri figli e rappresenta il mondo che uccide con le lusinghe del vizio i propri figli.
Nella storia degli animali del Topsell (XVII sec.) la Lamia si trasforma in un
quadrupede ricoperto di squame, con il viso di donna, arigli alle zampe anteriori e zoccoli alle posteriori, seno femminile ed organi sessuali maschili.

Tre sorelle mostruose della mitologia greca erano le Gorgoni (gorgos = fiero, truce, terribile, spaventevole, impetuoso, ardente), figlie degli dei marini.
I loro nomi erano Stheno: la perversione sociale, Euriale: l’eccesso sessuale e Medusa: la vanita’. Il loro regno era situato ai confini del mondo, vicino all’abitazione di Nyx, la Notte.
Una misteriosa duplicita’ caratterizzava la figura delle Gorgoni: avevano un bel volto ma le loro sembianze erano mostruose. La sola vista delle Gorgoni avrebbe tramutato in pietra qualsiasi mortale. Le Gorgoni venivano raffigurate con sembianze umane mostruose: grandi occhi spalancati, naso schiacciato, bocca aperta con lingua sporgente e dentatura ferina, capelli in forma di serpenti, mani di bronzo ed ali d’oro.
Delle tre solo Medusa, che era la sovrana, era mortale. Dopo la sconfitta di Medusa, la quale viene uccisa dalla mano di Perseo, le due superstiti si trasferirono vicino alle porte dell’Ade.
Plinio parla di un popolo mostruoso, costituito di sole donne selvagge - Gorgades - il cui corpo era completamente ricoperto di peli. Autori successivi le chiamarono Gorgones, donne mostruose fornite anche di corna e di coda.

Un altro demone di sesso femminile era Lilith, mostro notturno di origine babilonese: predatrice e distruttrice.
E’ fuori di dubbio che questa figura deve le sue origini ad una triade di demoni
mesopotamici: Lilu, Lilitu e Ardat Lili. I primi due sono una coppia maschio-femmina, la terza era, invece, un demone femminile spesso coinvolto in rapporti con gli esseri umani, ai quali causava anche malattie.
Lilith viene citata in Isaia XXXIV, 14 e, nella letteratura rabbinica e’ descritta con ali e capelli fluttuanti.
La letteratura midrashica tramanda una leggenda secondo la quale Adamo, venuto a conoscenza della propria mortalita’, si allontano’ da Eva. Allora comparve Lilith, la quale si accoppio’ con Adamo e genero’ molti demoni, maschi e femmine che invasero tutta la terra.
Lilith e’ un demone che assale gli uomini che dormono soli.
Il suo nome deriva sicuramente dal babilonese Lilitu, che a sua volta deriva da lulu o lulti: lasciva.
Secondo i rabbini si dovrebbe, invece, risalire all’ebraico lailah: notte.
Altre etimologie proposte sono da laluo: sensualita’, o da lalu: abbondare.
Viene raffigurata come un demone, una donna nuda dal busto in su’, il cui corpo termina con una coda di serpente.

In Brasile Alamoa e’ un folletto femminile dell’isola Fernando de Noranha che abita le rocce. E’ una donna con la carnagione bianca, capelli biondi e completamente nuda la quale seduce i pescatori ed i viandanti, per poi trasformarsi in uno scheletro, causando l’immediata pazzia di coloro che l’hanno seguita. A volte si presenta sotto forma di una abbagliante luce
multicolore. Questa leggenda sembra collegare il mito della Sirena con quello dei fuochi di cattivo auspicio.

I Kirghisi (popoli altaici) avevano nominato Albasta alcuni spiriti di sesso femminile, donne gigantesche che possedevano una testa fuori misura e dei seni pendenti che arrivavano fino alle ginocchia, unghie lunghe e taglienti. Costoro assalgono le donne incinte. Per allontanarle questi popoli usavano mettere dei nastri rossi legati attorno alla testa.

Presso i Sioux Anog-ite e’ la donna a due facce, moglie del dio del vento. Si narra che fosse una bellissima donna di nome Ite la quale aveva tentato di mettersi al posto della dea Hanwi (luna). Per punizione fu trasformata in un essere bifronte: una faccia era quella della bellissima Ite e l’altra faccia era mostruosa.

Per i popoli slavi Baba Jaga e’ una specie di orribile strega, alta e macilenta con i capelli arruffati. Vive in una capannina “con delle zampe di gallina” che puo’ girare su se stessa, e che e’ circondata da uno steccato col cancello costituito da parti di scheletri umani. Possiede un lungo naso di ferro a forma di becco di uccello, denti e mammelle di pietra e lacera le sue vittime,
delle quali si nutre. Preferisce nutrirsi di bambini o persone giovani, vola dentro una pentola di ferro o dentro un mortaio ed e’ la guardiana della fontana della vita.
Ed ancora per i popoli slavi le Rusalky sono delle fate acquatiche che originano dalla trasformazione di neonati maledetti dalle loro madri prima ancora della loro nascita oppure da quelli che sono morti annegati, soffocati o strangolati. Belle donne dai seni prosperosi, con capelli neri, rossi o verdi, lunghi fino alle ginocchia, vestite di una tunica bianca o di foglie. I loro capelli
devono essere sempre bagnati, altrimenti muoiono. Cantano con voce melodiosa, attirano i nuotatori per poi annegarli. Il loro nome deriva da “ruslo” = ruscello, corso d’acqua oppure rosso.

In Irlanda Banshe e’ uno spirito femminile: a volte e’ una donna bionda, pallida, con un viso orribile, la quale si pettina con mozziconi di pettine emettendo grida raccapriccianti, a volte ha i capelli lunghi rossi ed occhi rossi, a volte porta abiti di colore verde ed un mantello grigio, a volte indossa un sudario, a volte prende le sembianze di una vecchia decrepita con un solo dente
sporgente, una narice e lunghe mammelle pendenti. Il loro grido e’ il presagio di morte, viene udito da tutti tranna che dalla vittima. Il nome Bean Sidhe significa semplicemente “donna fatata”.

In Messico nella cultura Azteca, Coatlicue e’ “colei che ha una gonna di serpenti” E’ la divinita’ della terra e della morte e corrisponde ad una vecchia con il seno cadente, il cranio scarno, le mani ed i piedi forniti di artigli di giaguaro ed una veste di serpenti intrecciati. Puo’ anche indossare decorazioni di teschi umani.

In India le Dakini sono degli esseri femminili, divinita’ sanguinarie. Si nutrono di carne umana, di sangue mestruale e di seme umano. Quando un essere umano sta morendo le Dakini si attaccano al suo corpo e ne succhiano il respiro ed il sangue, fino a finirlo. Hanno il corpo di fanciulla, la testa di leone o di uccello, il muso di cavallo o del cane e possono volare. uniscono i
poteri della magia nera alla capacita’ di sedurre uomini e donne.

In Polinesia le Vehini-hai sono delle donne selvagge, spiriti maligni che assalgono di preferenza i bambini, facendoli ammalare o divorandoli. A volte si tramutano in donne seducenti ed adescano anche gli uomini adulti, per divorarli. Si riconoscono solo se si osservano senza essere visti da loro: hanno occhi sporgenti e lingue lunghissime le quali fuoriescono dalla bocca
ed arrivano fino a terra.

In Melanesia le Dogai sono esseri femminili a carattere demoniaco, di aspetto orribile.
Sono caratterizzate da gambe lunghe e scarne, orecchie enormi, possono trasformarsi in qualsiasi essere. In genere seducono gli uomini. Una leggenda narra che una di loro viva sottoterra, ricoperta da un vestito fatto di conchiglie.

In Canada presso il popolo Kwakiutl la Dsonoqua e’ una donna selvaggia che, dietro un apparente aspetto materno, nasconde una tendenza spiccatamente antropofaga, con preferenze spiccatamente infantili. Frequentemente rappresentato su totem lignei, possiede mammelle pendule,labbra sporgenti, la bocca aperta, il naso aquilino ed un bimbo in grembo. E’ una
creatura di altezza doppia di quella umana, coperta di peli neri. E’ spesso considerata la causa della scomparsa di esseri umani.

Un mostro femminile dell’antica Grecia e’ Empousa, con un piede di bronzo e l’altro di asina (o di sterco di asina), antropofago ed assetato di sangue. E’ solita trasformarsi in una leggiadra fanciulla, per sedurre uomini che poi divorera’ e vivere in luoghi nascosti. Per annientare questo mostro e’ necessario aggredirlo con parole ingiuriose ed oscene che hanno lo scopo di metterlo in fuga.

In Mesopotamia Lamastu e’ un demone femminile voracissimo. Delle sue vittime divora le carni, le ossa e ne trangugia il sangue. Ha la testa di leone ed i denti di asino: le sue vittime preferite sono i bambini. Si tratta di un essere alato cosi’ descritto: “la sua faccia e’ quella di una leonessa-dea, con il viso pallido; le sue orecchie sono orecchie d’asino; i suoi seni sono nudi, i capelli arruffati, le mani lorde, con le dita lunghe e le unghie rapaci; i piedi sono come
quelli di Zu, il suo veleno e’ quello del serpente e dello scorpione”.

In Cina troviamo Xiwangmu, un mitico genio femminile del monte delle Giade. Ha un aspetto umano, ma possiede una coda di leopardo e lunghi canini che fuoriescono dalla bocca.
Determina calamita’ naturali e la sua presenza si intuisce dal suo fischiare continuamente. I suoi capelli sono tutti arruffati e, sulla testa, porta un gioiello di giada. E’ una divoratrice di uomini e dispensatrice di peste e di malattie.

In Giappone Yama Uba e’ una donna, lo spirito delle montagne. Possiede una grande bocca sotto i suoi capelli ricci che, a volte, si trasformano in serpenti. Si nutre, generalmente di bambini.
Hannya, un demone femminile particolarmente vendicativo e geloso. E’ una orribile vecchia con le corna e due lunghi canini che le fuoriescono dalla bocca.
Ancora in Giappone Adachigahara, orribile vecchia cannibale, spesso colta nell’atto di scannare un bambino con un coltello da cucina. Si narra che fosse una donna nobile la quale scopri’ di poter curare e guarire il suo principe ammalato con il sangue dei fanciulli.

In Peru’ le Hapinunu erano delle misteriose donne selvagge, che volavano di notte  per catturare gli incauti viaggiatori solitari, per mezzo delle loro lunghe mammelle, per divorarli.

In Romania le Iele sono dei geni femminili molto seducenti e malefici, in grado di provocare malattie, ma anche di guarirle. Abitano nelle trombe d’aria. Sono nove belle fanciulle,
che danzano e cantano nelle notti di luna piena. Il nome significa “esse” e, questo nome, sta a significare che nominarle e’ pericolosissimo. Sono paragonabili alle Erinni.

Alcuni miti della notte e del terrore per l’oscurita’ si collegano alla figura della
vampiressa: quella morta che esce di notte dalla propria tomba per recare danno ai viventi e succhiarne quel sangue di cui ha bisogno per conservare una parvenza di vita fisica al suo corpo.
Coloro che vengono uccisi, diventano a loro volta vampiri.
Possiede caratteristiche fisiche spiccate: labbro leporino, canini aguzzi, viso scarlatto, punta della lingua affilata, una sola narice, aspetto di animale, pelle gonfia e tesa. Il termine vampiro deriverebbe dal turco uber = strega, upier (Polonia), vapir (Serbia), vopyr (Russia).
Il tema fondamentale che struttura il mito del vampiro e’ la paura dei morti che
ritornano e la credenza nel potere vitale del sangue.
La vampiressa diventa tale a causa di una morte violenta, di un suicidio, di omicidi e delitti particolari, per ereditarieta’, poiche’ compagna scelta da un vampiro. Gli spiriti delle donne morte di parto si trasformano in spaventose vampiresse che si nutrono del sangue dei bambini e delle donne incinte. Sono esseri di sesso femminile e aspetto seducente, che sposano dei
giovani per poterne succhiare di notte il sangue sotto forma di animali (uccelli notturni), per mezzo di lingue tubolari che terminano con una punta e che vengono conficcate nella vena giugulare della vittima.
L’Islamismo ha costruito un demone femminile, spesso classificato tra i Ginn, che si chiama Ghul. Ella e’ molto conosciuta nell’Africa del Nord ed anche in Medio Oriente. E’ un Vampiro il quale si nutre di carne umana. Tra i nomadi prende il nome di Ghrol o Ghrul, possiede un solo occhio al centro della testa, un lungo becco con dei canini affilati ed appuntiti, un collo esile ed ali di gallina al posto delle braccia che terminano con delle dita unite; il corpo e’
grande come quello di un cammello, ma la forma e’ quella di uno struzzo. Un piede e’ come quello dello struzzo e l’altro e’ come la zampa di un asino. Usa chiamare i viandanti con il loro nome, li illude che a chiamarli sia la propria madre o la propria sorella. Il nome significa “assalire”, “distruggere”, oppure deriva dal sanscrito “g-io-l” che significa “spogliare”, “mettere a nudo”, “scuoiare”.

Vanth e’ il demone femminile del mondo dei morti. Mostro etrusco, e’ alato e su ciascuna delle sue ali c’e’ un occhio. In alcune raffigurazioni le ali scompaiono dalle spalle e diventano delle piccole alette sulla testa, a volte Vanth possiede dei serpenti che spuntano tra i capelli.

Nella fiabe, la figura della strega rappresenta la donna vecchia e cattiva che mangia i bambini, avvelena le belle adolescenti, carpisce le doti delle giovani donne.
E’ invidiosa, sola, brutta e deforme.
Utilizza le sue arti magiche per rimanere giovane,bella, seduttiva, ricca e potente.
Nelle isole Trobiand (Melanesia) dove vige il potere matriarcale, le Mulukwausi sono delle streghe le quali, per magia, diventano invisibili, oppure si sdoppiano per magia. Il “doppio” si reca nel luogo in cui c’e’ qualche morto e si nutre dei suoi visceri. Hanno l’abitudine di appollaiarsi sugli alberi, possono assalire gli esseri viventi e ne mangiano la lingua, gli occhi e gli intestini. Sono riconoscibili dall’odore di putrefazione che emanano e si muovono trasformandosi in lucciole.
In Sicilia la “vecchia di li fusa” e’ una vecchia mostruosa, completamente nuda, che fila in continuazione ed il suo sguardo uccide per avvelenamento. Fa la guardia ai tesori incantati,
per impadronirsi dei quali bisogna assalirla e strapparle di mano la rocca ed il fuso, senza che il filo si spezzi.
Nel Trentino le Aguane sono una razza primordiale di streghe minuscole e molto seducenti che posseggono un piede rivolto all’indietro. Sono visibili solo di venerdi , quando escono all’aperto per stendere il loro bucato. Il loro nome deriva da “aga” = acqua e si riallaccia alle nordiche Ondine.

Come e’ possibile notare dalla lettura dei miti e dei racconti sopra citati, la figura della donna “mostro” si collega a sentimenti negativi particolari quali la gelosia, l’odio, la vendetta, l’invidia, la ferocia e l’aggressivita’ ed anche a desideri esasperati di potere, di dominio e di immortalita’.
Attualmente le donne Serial Killer rappresentano soltanto il cinque per cento dei Serial Killer, una quarantina su ottocentocinquanta squartatori, cannibali, vampiri e strangolatori.
La donna “mostro” e’ portatrice di una problematica psicologica particolare, molto diversa da quella dell’uomo mostro.
Generalmente ella e’ spinta da un desiderio di potere che sconfina nella mania di grandezza.
Si sente potentissima, immortale, dominatrice, capace di raggiungere qualsiasi obiettivo.
E per raggiungere il proprio obiettivo e’ convinta di poter usare qualsiasi mezzo, qualsiasi menzogna, qualsiasi furberia. La sua e’ una innata capacita’ di ingannare che e’ possibile spiegare non solo psicologicamente, ma anche biologicamente. Infatti, la donna, per sua natura biologica, non deve avere come l’uomo un pene eretto per potersi accoppiare. Ella puo’ fingere
con successo anche una freddezza sessuale.
Non vi e’ un vero e proprio delirio di grandezza, ma il convincimento di essere
“superiore” agli altri e di conoscere le arti magiche e manipolative.
Generalmente affetta da un disturbo narcisistico di personalita’, la Serial Killer manca di empatia e di autocritica, reagisce alle critiche con sentimenti di rabbia e vendetta (che riesce pero’ a nascondere con successo), si serve degli altri per raggiungere i propri scopi, ha un senso grandioso di importanza (esagera risultati e talenti, si aspetta di essere notata come speciale senza
una motivazione adeguata), crede che i suoi problemi siano particolari e che vengano capiti raramente, e’ costantemente assorbita da fantasie di successo, potere, fascino, bellezza, amore ideale, ha la convinzione che tutto le sia dovuto: irragionevole aspettativa di trattamenti di favore, richiede costante attenzione o ammirazione, manca di empatia, e’ pervasa da sentimenti di invidia.
La Serial Killer presenta una vera e propria perversione di quello che puo’ essere definito “istinto morfobiogeno” cioe’ il desiderio profondo di animare l’oggetto attraverso l’influenza del soggetto. Una sorta di “pulsione a dare il soffio vitale” all’oggetto inanimato ed a mantenerlo in vita caricandolo di valore.
Una fantasia che affonda le sue radici gia’ nella prima infanzia e che puo’ essere tradotta nel seguente modo: “tu vivi perche’ io ti riconosco vivente e ti mantengo in vita”.
L’istinto morfobiogeno si lega non solo alla possibilita’ di animare l’oggetto, ma anche alla possibilita’ di trasformare l’oggetto stesso, attraverso la capacita’ creativa del soggetto.
Quando questo istinto si perverte cioe’ si capovolge, e’ come se il soggetto non avesse piu’ la capacita’ di mantenere in vita l’oggetto, anzi e’ come se egli dovesse deumanizzare l’oggetto per poi poterlo trasformare in qualcos’altro o per poterlo poi riumanizzare dopo esserne entrato in possesso totale.
Una sorta di attivita’ ludica macabra che si esprime attraverso tre momenti
fondamentali: distruzione - ricostruzione - impossessamento, che ha bisogno della vittima per poter essere agita.
Non si tratta di perversione dell’istinto di vita o dell’istinto materno o dell’istinto
riproduttivo, ma di un istinto ancora piu’ arcaico: quello di animare un oggetto inanimato.
E’ per questo che le Serial Killer non hanno quasi mai delle motivazioni deliranti, dei particolari scopi rituali, non sono mai preda di “raptus” omicidi oppure di ire incontrollate, bensi’ con grande dominio di se’ narcotizzano o avvelenano la vittima per poi poterla conservare o trasformare (rivitalizzare). Non “penetrano” con la lama o con il proiettile, ma avvelenano
capovolgendo quell’istinto materno che spinge la donna a donare il proprio latte. Anziche’ offrirsi alla vita , la donna Serial Killer propina latte velenoso ai propri figli.
La donna e’ colei che da’ la vita come atto d’amore ma, sempre come atto d’amore, e’ anche colei che puo’ toglierla.  Cio’ che caratterizza il rapporto tra soggetto ed oggetto nell’istinto morfobiogeno e’ proprio il “silenzio”, un silenzio relazionale che permette al soggetto di dare all’oggetto il valore del momento.
Ed e’ per questo che le Serial Killer possono essere infanticide, adultere, traditrici, calunniatrici, mitomani, truffatrici, bugiarde, seduttive ed avvelenatrici.
A volte sono anche invidiose, fredde, apatiche, bisognose di dominio, avide di denaro, non sono materne, non amano, sono tiranne, odiano e trasformano l’odio in delitto, sono incestuose, tenutarie, mancanti di pudore e di senso morale, ricattatrici, intelligenti, egoiste,vanitose, volubili, anaffettive, astute, antipatiche, alcooliste, cocainomani.
Per mancanza di forza fisica e forse anche di forza morale commettono omicidi
particolari e non ricevono ne’ ricercano un appagamento sessuale dalla morte che determinano.
A volte possono anche indurre altri a compiere il delitto, mentre loro stesse preparano la propria e l’altri impunita’.
Quando sono loro stesse ad uccidere lo fanno prevalentemente solo dopo aver stordito o narcotizzato la vittima.
La Serial Killer uccide per il piacere di liberarsi dai legami o per essere libera di
stabilirne di nuovi, per entrare in possesso di eredita’, per vendicarsi di figli perduti o mai avuti, per eliminare l’uomo che l’ha “profanata”, per liberare l’essere umano dalla sofferenza.
Il motivo dell’acting out puo’essere ritrovato  nella rivendicazione di un torto subito, nel suicidio di tipo egoistico, nel desiderio di dominio e di potere, nell’avidita’ di denaro ed in alcuni vissuti personali di abuso.  La donna uccide tutte le volte che  si sente in pericolo sia fisico che psicologico. Sono altresi’ importanti sentimenti e sensazioni quali la vendetta, la possibilita’ di
divertirsi e la stimolazione sessuale.
La Serial Killer possiede una personalita’ che appare molto piu’ vicina al Mass Murder piuttosto che all’uomo Serial Killer.
Le donne Serial Killer, quando colpiscono da sole, sono invisibili, persone tranquille, poco appariscenti, a volte sposate e grandi lavoratrici.
I loro omicidi si consumano in genere tra le mura domestiche. Infatti, le donne non amano spostarsi per commettere i loro reati e, proprio per questo, restano a lungo insospettate. A volte la vittima puo’ essere sconosciuta. Tendono a colpire vittime deboli ed indifese, quindi, facilmente soggiogabili.
Ritroviamo in letteratura le “vedove nere”: coloro che hanno ucciso il marito, i figli o i figliastri o altri parenti e gli “angeli della morte”: infermiere che uccidono i pazienti, a volte spinte da motivazioni quali quelle di evitarne le sofferenze (eutanasia). Gli “angeli della morte” colpiscono i vecchi, i ricoverati ed i bambini specialmente se molto piccoli.
Le donne Serial Killer amano uccidere con il veleno: arsenico, stricnina e clorato di potassio. Quando usano altri metodi, in genere, agiscono in coppia con un uomo al quale sono legate da una relazione sentimentale di tipo perverso. Si scatenerebbe, quindi, una sorta di follia condivisa dalla coppia. In questo caso vengono usati anche mezzi violenti.
Tra i casi piu’ significativi e’ importante segnalare in questa sede:
- la Cianciulli che era solita uccidere esseri umani per poi saponificarli;
- Rosemary West, la quale insieme al marito Fred West (detti i “mostri di Gloucester”) uccise figli e figliastri fino a raggiungere un totale di dodici vittime accertate. I corpi delle vittime furono ritrovati sepolti nel suo giardino. Rosemary si dichiaro’ sempre innocente;
- quattro infermiere austriache dette gli  “angeli della morte” uccisero quarantadue dei loro pazienti sia anziani che bambini;
- Aileen Wurnos, la “prostituta di Daytona Beach” che uccise sette uomini, dopo averli attirati con l’autostop;
- Delfina e Maria de Jesus Gonzales, le due sorelle messicane che uccisero novantuno donne selezionate casualmente tra gli annunci dei giornali.

Identikit della Serial Killer
Volto triangolare
Fronte alta e molto sviluppata
Occhi piccoli e sporgenti, scuri con possibilita’ di strabismo ad un occhio,
occhi distanti, bulbo venato di rosso
Sopracciglia basse, separate ed arcuate, peluria esterna
Sguardo freddo e distaccato, cattivo
Padiglione auricolare grande ed appuntito o malfatto, lobo attaccato alla guancia, pallido e piccolo
Naso aquilino con narici strette
Bocca grande e labbra sottili, labbro superiore sporgente
Mento lungo ed appuntito
Zigomi molto sviluppati
Mascella marcata
Collo robusto
Capelli sottili, ricci, folti, lunghi, scuri - se biondi, generalmente tinti
Colorito olivastro, sempre di razza bianca
Peluria diffusa
Altezza media m. 1,70
Peso medio Kg. 55 - 60
Corporatura snella, muscolosa
Seno piccolo
Gambe e glutei forti
Piedi e mani grandi
Virile
Eta’ media compresa fra i 35  ed i 45 anni.
Possono presentare problemi tiroidei o squilibri ormonali e del sistema endocrino. Il momento della menopausa puo’ influire notevolmente sia a causa degli scompensi ormonali, sia a causa della perdita della capacita’ seduttiva, dell’eventuale partner e della prole.
 

BIBILIOGRAFIA

01) Comte F., I grandi miti, Ed. a. Vallardi, Garzanti 1990;

02) Di Tullio B., Trattato di antropologia criminale, Ed. Criminalia,
      Roma 1945;

03) Ferracuti F., Trattato di criminologia, medicina criminologica e psichiatria
      forense, 17 Volumi ,Ed. Giuffrè, Milano 1987;

04) Ferri E., Studi sulla criminalità, Unione tipografico - Editrice torinese,
     Torino 1926;

05) Freud S., Opere, Ed. Boringhieri 1978;

06) Jung C.G., Opere, Ed. Boringhieri 1984;

07) Izzi M., Il dizionario illustrato dei mostri, Ed. Gremese 1989;

08) Laplanche - Pontalis, Dizionario di psicoanalisi, Ed. Sansoni;

09) Lombroso C. - Ferrero G., La donna delinquente, la prostituta e la donna
       normale, Ed. Fratelli Bocca, Torino 1923;

10) Lombroso C., Delitti vecchi e delitti nuovi, Ed. Fratelli Bocca, Torino 1902;

11) Lombroso C., Delitto genio follia, scritti scelti, Ed. Boringhieri Bollati
      Torino 1995;
12) Moglie G., La psicopatologia forense, Ed. Luigi Pozzi, Roma 1938;

13) Samuel A. - Shorter B. - Plaut F., Dizionario di psicologia analitica, Ed.
     Cortina 1986.
 
 
 
 

Simonetta Costanzo

 


 



 
 
 
 
 


 


 
 
 

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